domenica 30 giugno 2013

LETTERE DA SILENT HILL

                                                 
“Nei miei sogni tormentati,
vedo quella città,
Silent Hill.
Mi promettesti che un giorno
Mi ci avresti riportato,
ma non lo hai mai fatto.
Adesso sono lì da sola…
Nel nostro “posto speciale”.
Ti aspetto…”.
Questa lettera viene recapitata a James Sunderland ed il mittente è sua moglie Mary. Non ci sarebbe nulla di strano, se non fosse che Mary è deceduta tre anni addietro per una grave malattia.
James non può far altro che recarsi a Silent Hill…
La saga di Silent Hill è strafamosa ed eviterei di parlarne se non fosse per il fatto che il secondo episodio (slegato dalla trama del primo, incentrato sulla setta del culto di Samael, che proseguirà con SH3) è uno dei giochi che più mi ha segnato. Quindi non potevo esimermi dal buttare giù due righe.
Evito quindi di fare una recensione come invece faccio di solito, ma cerco di spiegare perché SH2 mi ha segnato ed è un must have per chiunque.
Ovviamente siamo di fronte ad un survival horror, ma SH2 è prima di tutto una storia d’amore. Tragica, tormentata e terribilmente realistica.
Ogni situazione, ogni particolare, ogni personaggio ha un significato; le domande che il gioco ci porta a porci troveranno una risposta. Alla fine ogni nodo viene al pettine e non si può restare indifferenti dinanzi ad una storia orchestrata così alla perfezione.
Maria, Eddie, Angela, Laura e persino il famoso Pyramid Head, ci “prenderanno per mano” fino alla sconvolgente rivelazione che svelerà l’arcano dietro alla vicenda. Nulla è lasciato al caso, tutto significa qualcosa, ed è un qualcosa che farete fatica a dimenticare.
Nel mezzo è possibile trovare anche una critica alla società americana.
Ciò che emerge in SH2 non è il lato horror, ma una vicenda d’amore, di traumi, di paure, di solitudine e di espiazione dei propri peccati.
Non ci sono buoni, ne cattivi.
In un’ambientazione irreale con creature ancora più irreali, Silent Hill 2 è la storia più reale e umana di tutte.

Greetings from Outer Heaven !


Poesia dedicata a Silent Hill 2:

Le colline hanno gli occhi
Forse son inganni o forse trucchi
Minacciose osserveranno
E attraverso la nebbia ti guideranno
Ciò che qui pare anormale
È l’espiazione di ogni male
Colpe di cui ti sei macchiato
In questo inferno ti han portato
Ogni anima innocente
Da questo orrore è esente
Risolvi l’enigma, svela il mistero
Se vuoi uscirne tutto intero
Le colline hanno gli occhi
Ma a sopravviver sono in pochi


lunedì 24 giugno 2013

ETERNAL DARKNESS


REQUIEM PER LA SANITA' MENTALE

La follia è come la gravità, basta solo una piccola spinta (cit.).
Quanto è labile la mente umana ? Quanto ci vuole per oltrepassare il limite della sanità mentale ? Nel 2002 Silicon Knights ha dato la propria risposta a questi quesiti, pubblicando Eternal Darkness: Sanity’s Requiem per Nintendo GameCube.
Trama_ Svegliarsi da un incubo per ritrovarsi in un incubo ancora peggiore. La giovane Alexandra Roivas sogna di ritrovarsi in una stanza, armata di un fucile, mentre delle orrende creature la attaccano, quando una telefonata la sveglia. E’ la polizia che la avvisa della morte di suo nonno: lo psichiatra Edward Roivas. Così la ragazza parte alla volta del Rhodes Island, dove risiedeva l’uomo e, giunta nella sua abitazione, si ritrova dinanzi ad una scena agghiacciante: il cadavere di Edward Roivas privo della testa ! Non ci sono indizi su tale efferatezza ed Alex decide di gironzolare nella magione, dove, in una stanza, ritrova un libro dall’aspetto inquietante. Esso è rilegato in pelle e ossa umane ed è dotato di poteri occulti; il suo nome non è meno rassicurante: il Libro delle Tenebre. Tramite gli influssi di tale abominio Alex visualizza le peripezie di un gruppo di prescelti che, nell’arco di duemila anni di storia, sono stati coinvolti nientemeno che nella lotta per evitare l’avvento delle tenebre sulla Terra. La nostra si ritrova così, suo malgrado, a dover rivivere le gesta di questi individui e a diventare, ella stessa, l’ultimo baluardo nella difesa della stirpe umana dall’ascesa delle tenebre._
La trama, liberamente ispirata ai racconti di H.P.Lovecraft, è il cavallo di battaglia della produzione. Imprevedibilità allo stato puro ed espediente narrativo geniale: la storia è divisa in capitoli, ognuno dei quali con protagonisti diversi che agiscono in epoche storiche diverse, ma tutti pezzi dello stesso puzzle, che andranno a comporre il mosaico finale di un evento tristemente importante per l’umanità.
Il gameplay è quello di un classico action/adventure a sfondo horror, ma presenta una caratteristica inedita, l’indicatore della sanità mentale: quando ci imbatteremo nelle aberranti creature di ED, la barra scenderà. L’eccessiva perdita di sanità ci provocherà diversi tipi di allucinazione e la perdita del controllo del personaggio che stiamo guidando. Per ripristinare la barra dovremo eseguire il colpo di grazia sui nemici, dopo averli abbattuti, premendo il tasto azione.


Riguardo gli scontri, è stata implementata la caratteristica di “agganciare” la testa e gli arti superiori delle creature: nel caso di aver staccato loro la testa, esse non saranno ovviamente più in grado di vedere, colpendo così alla cieca perfino i loro simili; nel caso dell’amputazione delle braccia non potranno più colpire diventando nostro facile bersaglio.
Eseguire il colpo di grazia non è l’unico modo per ripristinare sanità mentale, infatti, durante le nostre peripezie, troveremo delle pergamene che ci permetteranno di eseguire svariate magie, tra cui proprio quelle di ripristino della sanità mentale e dell’energia. A tal proposito è da segnalare la possibilità di assegnare gli incantesimi ai tasti della croce e ai tasti x e y.
Oltre che con la fase action, saremo impegnati in svariati enigmi, tutti estremamente semplici, che vanno dal trovare la chiave della porta, all’eseguire la magia giusta per proseguire.
La colonna sonora d’atmosfera si sposa perfettamente con il contesto, riuscendo a mantenere alta la tensione.
Graficamente ED si difende bene per essere un titolo concepito inizialmente per Nintendo 64. Di buona qualità le ambientazioni (con diverse chicche) e le texture, mentre le animazioni dei personaggi lasciano a desiderare.


La longevita è considerevole e si attesta tra le 15 e le 20 ore, con un fattore rigiocabilità a mio avviso non molto incentivato se non per rivivere la sontuosa storia.
Il difetto maggiore è il livello di difficoltà eccessivamente tarato verso il basso, e dal lato degli enigmi, e dal lato degli scontri, penalizzati questi ultimi da un’intelligenza artificiale deficitaria dei nemici. 
Eternal Darkness: Sanity’s Requiem è una perla che merita di essere giocata da tutti, anche soltanto per la sontuosità della sua trama. L’atmosfera e la tensione che si respirano sono difficilmente pareggiabili, e se non fosse per la magagna del livello di difficoltà ci troveremo di fronte ad un pilastro della storia videoulica. Sicuramente è uno dei titoli più affascinanti mai usciti per GameCube e non solo.

lunedì 10 giugno 2013

ICO e SHADOW OF THE COLOSSUS


QUANDO LA FIABA INCONTRA IL VIDEOGIOCO

Ico è un action/adventure sviluppato da Sony Computer Entertainment International Studio 1 - diventato famosissimo come Team Ico - e pubblicato da Sony nel 2001.
Trama_ Ico è un bambino che viene portato via dal suo villaggio, per essere sacrificato in un castello abbandonato. La causa di questo provvedimento sono le corna che spuntano dalla sua testa, le quali sono ritenute portatrici di sventure dagli abitanti del villaggio.
Ma la dea bendata manda un bacio ad Ico, il quale si dimena all’interno del sarcofago in cui è stato rinchiuso, finendo per farlo precipitare, distruggendolo.
Una coincidenza o forse il fato, vuole che nel castello sia  stata imprigionata anche Yorda, una ragazza circondata da un’aura magica, anch’ella destinata al sacrificio.
Il nostro giovanissimo, ma coraggioso eroe, non può esimersi dal liberarla, e fuggire con lei da quel luogo dimenticato dall’uomo._
Ciò che mi viene da pensare, parlando di questo gioco, è che l’ormai venerato Team Ico creò codesto gioiello con una parola in mente, cioè magia. La trama, il gameplay, la veste grafica, l’ambientazione, l’atmosfera ed il sonoro sono permeati di una corazza magica impossibile da scalfire e dalla quale è impossibile non rimanere stregati una volta catapultati al suo interno.


Ci troviamo di fronte ad un action/adventure nel quale progrediremo esplorando l’ambiente di gioco, con lo scopo di fuggire dal castello. Durante l’avventura ci troveremo di fronte ad enigmi inizialmente basilari, come tirare leve e spingere casse, che diverranno man mano più complicati, tanto da poterci trovare in alcune occasioni a non sapere cosa fare; ma non c’è nulla di troppo difficile e la soluzione è sempre più semplice di quanto si possa pensare. A complicare il tutto però ci si mette il fatto di dover portare con noi la nostra eterea amica, la quale non è capace di eseguire diverse azioni, come arrampicarsi alle catene e alle sporgenze o eseguire salti troppo lunghi, quindi saremo costretti in diverse circostanze ad allontanarci da lei e cercare un modo alternativo di farla proseguire. Se ciò non bastasse, dovremo anche proteggere la fanciulla da esseri dalle fattezze di fantasmi neri che tenteranno di portarcela via ad ogni occasione buona, e per respingerle, saremo inizialmente armati di un semplice bastone. Nei casi in cui lasceremo la ragazza sola per un tempo abbastanza lungo, le spietate creature ne approfitteranno per tentare di rapirla, e in caso di successo, causeranno il game over. Una caratteristica originale, nonché poetica e fiabesca, è la possibilità di prendere Yorda per mano, cosa oltretutto utile nel caso si decida di fuggire dalle creature, invece che combatterle. Oltretutto i due giovani possono comunicare; infatti, premendo un tasto, Ico chiamerà la ragazza, sia da distanza ravvicinata con voce bassa, e sia da lunga distanza con un urlo.


Quindi le azioni del gioco vanno da quelle tipiche degli action/adventure quali combattere, saltare, spingere e azionare oggetti, a quelle puramente platform quali arrampicarsi. Senza dimenticare la caratteristica inedita e decisamente più memorabile, ovvero il dover proteggere la ragazza. Il tutto condito da una risposta dei comandi impeccabile, coadiuvata da un sistema di inquadrature all’altezza.
Il comparto grafico è assolutamente maestoso. Ogni aspetto è permeato di magia, a partire dalle splendide ambientazioni, alle texture senza sbavature o quasi; dagli incredibili effetti di luci alla realizzazione dei personaggi, che raggiunge vette forse mai raggiunte all’epoca. Da segnalare la riproduzione dell’acqua: tra le più sbalorditive mai realizzate (almeno fino a quel momento). Davvero fantastico vedere come sono stati realizzati i movimenti dei due ragazzi: aggraziata, spaesata e dal passo lento Yorda; energico e veloce Ico (il suo incedere sgraziato nel trasportare oggetti pesanti mi ha strappato più di un sorriso).
Il comparto audio è altrettanto eccellente. Per non rovinare l’atmosfera onirica del gioco, il Team Ico ha pensato bene di implementare poche melodie, tutte rilassanti, lasciando fare la parte del leone ai suoni ambientali che meglio si accostano all’atmosfera proposta.
Tutto in Ico è magico, onirico, poetico, fiabesco, minimalista, mistico, romantico e commovente. E poco importa, secondo me, che la longevità sia decisamente bassa, perché l’esperienza che questo capolavoro regala è di quelle intense ed indimenticabili. Non è la storia di un ipermuscoloso eroe, armato fino ai denti, che salva la terra, ma è la fiaba di un ragazzino che protegge un’innocente fanciulla armato solo del suo coraggio e di un bastone. E’ una storia semplice ma magnifica e magniloquente, quasi priva di dialoghi e di personaggi, ma tutto ciò, non solo non rappresenta un punto debole, ma è un autentico e pregevole tratto distintivo. Non giocarci è un delitto contro la propria passione per i videogiochi.




Creare un gioco come Ico può rappresentare un pesante fardello, soprattutto se a crearlo è una software house alle prime armi come lo era il Team Ico. Ovviamente in questi casi ci si chiede se il team in questione possa essere in grado di ripetersi, magari creando qualcosa di diverso e originale invece di omologarsi agli standard ed ottenere, comunque comprensibilmente, guadagni più facili.
Ebbene, la seconda opera del Team Ico - pubblicata in Giappone e Nord America nel 2005 ed in Europa nel 2006 - è qualcosa di diverso e assolutamente originale. Un altro titolo fatto con sentimento e un’altra scommessa da vincere. Bè, la scommessa è stata vinta di nuovo.
"Some mountains are scaled; others are slain" – “Courage can move mountains". Con questi slogan veniva pubblicizzato Shadow of the Colossus.
Trama_ Un giovane, in sella al suo cavallo, porta una ragazza morta in un tempio, situato nel mezzo di una sconfinata terra dimenticata dal mondo, ove l’uomo non dovrebbe mettere piede. Wander, questo il nome del giovane, posa la sua amata sull’altare del tempio e chiede ai Dormin, entità che vigilano sulle anime dei morti, di riportarla in vita. Tali entità, come è facile aspettarsi chiedono qualcosa in cambio, ovvero l’uccisione di 16 enormi creature, non a caso chiamate colossi. Wander, armato di una spada antica che non avrebbe mai dovuto impugnare, accetta, ma è avvisato: il prezzo da pagare sarà alto._
Ecco dunque lo scopo del gioco: uccidere i 16 colossi. Per far ciò saremo armati solo della spada e di un arco dalle frecce illimitate. Grazie ad Agro, il nostro fido cavallo, andremo a zonzo per valli sconfinate e inesplorate, con lo scopo di stanare le gigantesche vittime del patto. Ad aiutarci nel localizzare i colossi, oltre agli indizi dei Dormin, avremo la nostra spada, la quale riflette i raggi del sole verso la zona in cui è situato il colosso di turno.


Gli scontri con i colossi, uno più epico dell’altro, si svolge analizzando la struttura fisica della creatura scovandone i punti deboli, rappresentati da un emblema luminoso situato in uno o più punti della peluria, e studiando l’ambiente circostante per trovare la strategia d’attacco migliore. Infatti, una volta analizzato il campo di battaglia, bisogna trovare il modo di aggrapparsi al colosso e letteralmente scalarlo fino a scovarne i punti deboli. E’ proprio in questi che va affondata la spada fino alla disfatta del nemico. Per ogni scontro la strategia sarà diversa, rendendo il tutto assolutamente entusiasmante ed epico. Ovviamente i colossi non se ne staranno con le mani in mano, ma ci ostacoleranno in tutti i modi possibili: calpestandoci, sferrandoci pugni, incornandoci ed eventualmente colpendoci con le armi di cui sono dotati. Quando invece saremo aggrappati ai loro corpi, si scuoteranno nel tentativo di farci perdere la presa, lasciandoci precipitare. A tutto ciò si aggiungono due importanti indicatori: naturalmente la barra dell’energia e poi l’altrettanto importante barra della resistenza; quest’ultima indica la forza che permette al protagonista di aggrapparsi, e quando giunge al limite, il nostro guerriero perderà la presa. Entrambe possono essere rimpinguate, rispettivamente mangiando i frutti degli alberi, e uccidendo lucertole a suon di frecce.


Graficamente SOTC spreme al massimo l’hardware di PS2, restando sui livelli eccelsi di Ico, tralasciando i soliti difettucci dovuti ai limiti tecnici del monolite. Perciò personaggi, ambientazioni e colossi lasciano continuamente a bocca aperta, riportando alla memoria la magnificenza del suo predecessore spirituale.
Anche la colonna sonora non si discosta troppo da quella di Ico. Durante le scampagnate a cavallo la fanno da padrone i suoni della natura, mentre durante i combattimenti viene lasciato spazio a vere e proprie musiche, le quali diventano progressivamente sempre più incalzanti e adrenaliniche durante i combattimenti, per poi passare ad altre più melodiche e rilassanti, al termine di ogni scontro.
Passando ai difetti, siamo in presenza di una telecamera a volte capricciosa, cosa sgradevole durante i combattimenti; ma basta prenderci la mano per non farci quasi nemmeno caso. L’altro punto a sfavore risiede nella particolarità e nell’originalità del gioco, che non potrà essere apprezzato da tutti. Dopotutto oltre agli scontri con i colossi non vi è più nulla a livello di gameplay e ciò sicuramente farà storcere il naso a più di qualcuno.
Shadow of the Colossus, al pari di Ico, non è un semplice videogioco, ma un’esperienza. Non va semplicemente giocato, va vissuto. E’ una di quelle perle che, per quanto non sarà compresa da tutti, è capace di lasciare nel giocatore sensazioni ed emozioni uniche nel loro genere e difficili da dimenticare.
Ico e Shadow of the Colossus. Giocateci perché meritano di essere giocati. Giocateci perché se amate il medium videoulico, meritate di giocarci.
Il Team Ico ha lasciato un’altra pesante eredità e non posso fare a meno di chiedermi se “The Last Guardian” riuscirà a raccoglierla con successo.

mercoledì 5 giugno 2013

VIDEOGIOCATORI BIGOTTI

I videogiocatori sono abituati ad essere denigrati e presi di mira a causa della loro passione. Quindi in teoria dovrebbero essere persone di larghe vedute e dalla mentalità aperta.
Bene, (anzi male) ieri, su multiplayer.it, mi sono imbattuto in una di quelle notizie da far cascare le braccia. Su Greenlight di Steam è presente "My Ex-Boyfriend The Space Tyrant", un gioco a tema omosessuale, il quale è stato bersagliato di critiche ed insulti omofobi.
Questi personaggi dovrebbero capire (ma siamo su un piano teorico, i bigotti restano bigotti) che prima di chiedere rispetto per se, per i propri gusti e le proprie passioni, dovrebbero prima di tutto averne per gli altri.
Qui sotto il link della notizia: